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La personalizzazione del danno biologico

L’ espressione “danno dinamico-relazionale” è, per la legge, una perifrasi del concetto di danno biologico e che la lesione della salute consiste nella compromissione delle abilità della vittima nello svolgimento delle attività quotidiane “nessuna esclusa”.

Il danno alla salute – ha chiarito correttamente la Cassazione – è un danno con conseguenze dinamico relazionali ed occorre distinguere le conseguenze comuni a tutti da quelle peculiari del caso concreto (nel qual caso occorre la prova del maggior pregiudizio sofferto).

Riteniamo tuttavia che pure essendo condivisibile la necessità per richiedere un “ appesantimento del danno”, di dare prova di come la lesione abbia determinato dei cambiamenti importanti nelle abitudini di vita, quali ad esempio le frequentazioni delle amicizie e conoscenti, la pratica di sports e hobbies, tale stringente necessità non soccorre anche nei casi di lesioni gravissime, tali da rendere sostanzialmente presupposto e implicito un radicale cambiamento delle abitudini di vita.

Si pensi a un giovane di 20 anni incorso in una invalidità permanente del 90%, e si comprende come la prova del mutamento di vita, almeno nel contesto delle trattative stragiudiziali, non sia così imprescindibile per ottenere dalla Compagnia di assicurazione una maggiorazione dell’importo liquidato a titolo di risarcimento in forza di tale danno.

L’entità della lesione a nostro parere è infatti tale, che assorbe il valore di qualsiasi forma presuntiva, in termini di proiezione futura e futuribile, che qualsivoglia forma di prova possa fornire.

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